Fondo Cecconi

Il blog del Fondo Cecconi

mercoledì, marzo 22, 2006

Raschiamo il fondo


di seguito trovate l'articolo che dovremo pubblicare sulla fanzine di prossima uscita. L'ho messo qui per permettere a tutti di leggerlo e individuare eventuali errori. Se non vi piace tenerlo qui sul blog si può sempre rimuoverlo. Vi ricordo che se volete segnalarci qualcosa, potete contattarci a: fondo.cecconi[at]gmail.com


Andrea Bacci, 27 anni, operaio della Delphi: sappiamo che sei impegnato sotto il profilo sindacale e politico...

Sì, sono un operaio della Delphi da sette anni, iscritto a Rifondazione Comunista dal 2001 dopo i fatti accaduti a Genova e faccio parte del direttivo provinciale della FIOM (Federazione Impiegati Operai Metallurgici).

Che cos'è la Delphi?


E' una multinazionale statunitense che nel 1995 è sbarcata a Livorno,insediandosi negli edifici di via Enriques che appartenevano alla storica SPICA: produce componentistica auto divisa per reparti. Al momento del suo massimo sviluppo occupava 500 operai, adesso siamo scesi a 400. 360 operai specializzati e 40 che fanno parte dell'indotto, quindi gli addetti al carico e scarico, rifornimenti etc…

Producete esclusivamente per FIAT?


Per il 90% sì: nel reparto in cui lavoro viene prodotto lo sterzo elettrico EPS della Punto, ma altri reparti sono specializzati ad esempio nella produzione di componenti per Ducato e Scudo. La fabbrica in passato aveva un reparto specializzato per componenti Panda, ma dopo il suo spostamento in Polonia tale reparto viene utilizzato per commissioni della Peugeot. Questo anche per uscire dalla morsa della FIAT, che nella sua storia ha sempre cercato di ovviare ai periodi di crescita produttiva creando nuova occupazione,a cui seguivano periodi di cassa integrazione una volta superato il boom di commesse.

Si è sempre comportata così?


Si, l'ha sempre fatto. Mio padre era un operaio della SPICA sin dagli anni '70 e quindi lui ha vissuto tutti questi passaggi: da SPICA ad Alfa Romeo, da Alfa Romeo a FIAT, da FIAT a Delphi (nel '95). L'unica differenza è che in quei casi, dopo una crisi, c'è sempre stato un'acquirente...purtroppo ora non si vedono acquirenti, nè a breve, nè a lungo termine.

Come si sono comportati i vertici della Delphi?


Essendo una multinazionale manca il contatto diretto tra direttivo e forza lavoro. Ai tempi della SPICA sapevi che per andare in ufficio dal “padrone” bastava salire le scale. Il problema è che, in questo sistema economico, strategie mondiali si ripercuotono su strategie europee, che a loro volta si ripercuotono su strategie italiane e quindi sui singoli stabilimenti: noi non siamo ne il primo ne l'ultimo di una serie di chiusure all'interno anche dello stesso sistema delphi.

E in Italia si stanno presentando situazioni simili?

Facendo parte di un partito molto legato alle vicende del movimento operaio so che anche grandi aziende come la Star e la Polti stanno attraversando un periodo difficile che può avere conseguenze negative sui loro dipendenti. Basta pensare agli operai dello stabilimento Fiat di Termini Imerese che sono arrivati a chiedere il quarto anno consecutivo di cassa integrazione. Il rischio che si profila è un effetto domino; gran parte della lotta infatti è indirizzata ad evitare il verificarsi di situazioni analoghe, anche perché la nostra strada ormai è segnata: il 12 maggio chiuderemo.

L'intero settore componentistica mondiale è in crisi, solo un anno fa a Livorno, alla TRW erano a rischio 120 operai mentre la Pierburg ha dovuto attuare un piano di ristrutturazione che ha diviso in 2 la fabbrica: oggi una parte è solo un magazzino e quelli che sono stati mandati in cassa integrazione sono stati reintegrati solo da poco, quindi possiamo dire che per noi non è stato un fulmine a ciel sereno.

Come avete appreso la notizia della chiusura?

Eravamo già in amministrazione controllata e quindi ci aspettavamo che prima o poi avrebbero tagliato i rami secchi. Difatti, il 14 febbraio, il responsabile del ramo europeo Delphi, Fauber, si è seduto al tavolo delle trattative non per trattare ma per chiudere, nonostante gli sforzi da parte del Comune di Livorno per far rimanere l'azienda sul territorio. Ricordo che stavo per smontare dal turno quando ci è arrivata la telefonata, da parte della nostra delegazione che si era recata a Firenze per l'occasione che ci avvertiva dell'imminente chiusura. Da li a rientrare in fabbrica per occuparla è stato un attimo. A questa è seguita la famosa mail che ci comunicava ufficialmente la chiusura per il 28 aprile, posticipata, dopo le successive trattative, al 12 maggio.

A che punto sono ora le trattative?

Il primo anno di cassa integrazione straordinaria è garantito e il 24 marzo, a Roma, i vertici sindacali si siederanno al tavolo delle trattative con il Ministro del Welfare Maroni per ottenere il secondo.

Come reputi l'azione svolta dal sindacato nei confronti di una multinazionale americana come la Delphi? Cosa pensi dell'abbattimento del costo del lavoro?

Purtroppo, il sistema sindacale è debole, deve evolversi in qualcosa di mondiale: “lavoratori di tutto il mondo unitevi”, perché realtà per realtà, fabbrica per fabbrica non si ottiene più niente. Fino a che il proprietario di un'azienda avrà il potere incontrastato di spostare i centri produttivi per seguire le leggi del mercato, le realtà locali non avranno forza sufficiente per opporsi: la globalizzazione permette alle aziende di andare a cercare la forza lavoro da altre parti, per ridurre i costi e massimizzare i profitti, come è successo per noi con la Polonia. Abbattere il costo del lavoro favorisce soltanto l'azienda, non il lavoratore. Il lavoro precario prodotto da questo sistema non garantisce il vero benessere; secondo me il benessere si ha quando sei sicuro di avere un futuro con un lavoro per te e per tuo figlio, sanità e istruzione garantite...lo crei nella società, non nel materiale usa e getta. Ad esempio: un cellulare non ti dura più di un anno e mezzo, poi ti si “fonde” e sei costretto a cambiarlo; ma devi averlo altrimenti sei fuori dal modello di società da noi concepito. O ancora,se ti si rompe una scarpa non vai più dal calzolaio,bensì devi comprarne un paio nuovo.La globalizzazione ha tolto spazio al mercato locale ed ai mestieri artigiani ed il sindacato non è riuscito a contrastare questa ondata.

Il fatto è anche che la componentistica è andata sempre più semplificandosi: quando lavorava mio padre, gli operai lavoravano il materiale grezzo fino a ottenere i componenti per auto, noi invece ci rendiamo conto “sul campo” cosa significa “globalizzazione”, perchè ora il nostro lavoro si è ridotto a puro assemblaggio, cioè prendiamo un pezzo che ci arriva dal Canada, uno che ci arriva dalla Spagna, uno lo facciamo noi, si assembla il tutto e otteniamo una colonna che viene poi spedita alla FIAT. In passato non era possibile ottenere un prodotto finito in qualsiasi luogo del mondo, bensì si produceva dove si aveva una forza lavoro con competenze distintive, quali i mezzi, la tecnologia, l'esperienza. Oggi noi metalmeccanici siamo poco più che assemblatori: dobbiamo “solo” avvitare una vite, cosa che chiunque può fare.

Quali sono le prospettive per il tuo futuro?

Prima, guadagnando 900 euro al mese, speravo in un mutuo per poter andare a vivere con la mia ragazza. Ora l'unica sicurezza che ho sono 800 euro mensili per tre anni. Voglio ricollocarmi nel mondo del lavoro il più presto possibile, per poter andare in banca ed accedere ad un mutuo. Purtroppo mi sembra che Livorno non offra così tanto sul piano occupazionale, vista la mia qualifica. Comunque prima facevo il panettiere... alle brutte...

ANDREA BACCI RINGRAZIA LA CITTA’ PER IL SUPPORTO OFFERTO FINORA -si può sempre fare di meglio!!!